RIVISTA DI STORIA, ARTE E AMBIENTE DEL CANTURINO E DEL  COMASCO

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In Opera senza nome Roberto Calasso ha affermato che nel corso della sua vita si è sempre proposto di “tentare quello che ogni scrittore vorrebbe, [ossia] inventare qualcosa che prima non esisteva”. Pur con le debite differenze, sin dagli inizi  “Canturium” si è prefisso di far luce sui diversi aspetti della storia, del costume, delle manifestazioni sociali ed economiche di questo territorio, sino a quel momento ignorati o caduti nell’oblio: di proporre, dunque, un inedito strumento di approfondimento e di riflessione.

“Canturium” si è prefisso di far luce sui diversi aspetti della storia, del costume, delle manifestazioni sociali ed economiche di questo territorio

In altre parole, nei suoi vent’anni di vita “Canturium” ha cercato di misurarsi con la complessità degli avvenimenti che hanno avuto come teatro la Brianza e il Comasco attraverso indagini d’archivio, testimonianze e ricostruzioni volte ad accertare l’origine, gli sviluppi e le connessioni tra i fatti, partendo dall’assioma secondo il quale, come ha osservato lo storico inglese Edward Carr, “i fatti parlano soltanto quando lo storico li fa parlare.” Con tali intenti, “Canturium” ha indagato e raccontato gli aspetti più salienti della nostra storia, precedentemente trascurati o di cui si era a conoscenza soltanto attraverso la memoria sempre più labile dei protagonisti. Ad esempio la storia della fabbrica Vittorio Vergani, pubblicata nel numero 3, è stata la prima ricostruzione di un’attività industriale per oltre settant’anni la principale del Canturino ma su cui da tempo era caduto l’oblio.

Un altro esempio riguarda gli articoli dedicati al Collegio De Amicis: usciti nei numeri 11 e 12 hanno rievocato gli anni iniziali del convitto maschile e del suo fondatore, Endimio Spezia.  

I vent’anni di pubblicazione vanno considerati un traguardo di non poco conto, che pongono “Canturium” tra le riviste più longeve della provincia di Como. Un traguardo ci auguriamo intermedio che offre alla nostra rivista l’opportunità di tracciare il bilancio dell’attività svolta, ma anche di ridefinire scopi e finalità per il futuro più immediato. Sarebbe auspicabile che alle oltre cinquemila pagine pubblicate – dedicate alla storia, all’arte, all’ambiente e al costume del Canturino e del Comasco – non fosse negato il peso che hanno rivestito nell’approfondimento e nella valorizzazione delle specificità di questi luoghi. Uno sforzo portato avanti grazie ai numerosi collaboratori che ci hanno accompagnato in questi anni, alcuni soltanto occasionalmente, altri in modo più assiduo, ma tutti con l’impeto che deriva dal legame appassionato con questi luoghi.

L’intento di “Canturium” resta l’approfondimento dei caratteri specifici di un territorio che l’ultimo mezzo secolo ha profondamente scardinato, interrompendo quella continuità che per secoli ha costituito il suo retaggio più prezioso

L’intento di “Canturium” resta l’approfondimento dei caratteri specifici di un territorio che l’ultimo mezzo secolo ha profondamente scardinato, interrompendo quella continuità che per secoli ha costituito il suo retaggio più prezioso. Tra i tanti temi proposti, la rivista si è occupata anche delle innumerevoli configurazioni del lavoro, da quello agricolo a quello manifatturiero, con la consapevolezza che tra le attività umane quella del lavoro corrisponde alla storia di intere generazioni che di sé hanno lasciato soltanto le labili tracce prodotte giorno dopo giorno da abilità, tenacia e fatica. Benché non riconoscibili come il prodotto di singoli individui, bensì come un ben più ampio disegno collettivo, queste tracce sono comunque individuabili nelle linee del paesaggio o nelle forme di un manufatto. Ricostruire queste modalità rievoca le gesta di generazioni mute a cui quelle pagine restituiscono per un breve momento la voce.

Non possiamo tuttavia sorvolare che anche “Canturium” ha dovuto fare i conti con il pregiudizio sempre più marcato sulle discipline storiche, alimentato dalla presunta inutilità dello studio del passato, la cui conoscenza sarebbe del tutto irrilevante nella nostra quotidianità: un presupposto che ignora come la storia sia sempre contemporanea in quanto custode delle premesse del nostro presente e della possibilità della sua comprensione.

Lo studio delle varie espressioni del Comasco, in altre parole delle ripercussioni locali della storia, richiede un continuo rimando agli aspetti generali, in quanto senza questo doppio confronto verrebbero a mancare gli strumenti per leggere adeguatamente lo sviluppo degli avvenimenti.

Il ringraziamento della redazione di “Canturium” va ai numerosi lettori che in questi anni ci hanno pazientemente seguito e incoraggiato.

Un grande riconoscimento va inoltre alle aziende e agli enti che nel progetto della nostra rivista hanno creduto, sostenendolo sin qui e, mi auguro, assicurandogli quella continuità così necessaria.   

Tiziano Casartelli